Rondò Veneziano

Cara Malù, 

quando avevo cinque anni i miei mi iscrissero a danza classica e mi fecero il più bel regalo che potessero farmi, anche se forse non se ne sono mai resi conto.

Fu amore. Di quelli assoluti.

Mi ricordo come fosse ieri la mia prima palestra, l'odore del parquet e della pelle delle ballerine senza punta appena comprate, i laccetti da cucire, il body azzurro (eh, sì, quello bianco col tutù arrivò solo alcuni anni dopo). 
Mi ricordo che mi accompagnava sempre mia zia e dopo lezione "scendevamo" (letteralmente, bastava fare le scale) al bar dove mio nonno giocava a carte per far passare il tempo nei pomeriggi invernali e mi scolavo il succo di frutta alla pesca.
Mi ricordo l'emozione dei saggi. La meravigliosa sensazione di stare sul palco, lo scricchiolare delle assi di legno sotto i piedi, il caldo delle luci colorate e, ancora, l'odore della pece, del borotalco usato dalle ballerine "grandi" per calzare meglio le scarpe con le punte, del fumo artificiale. 
Il teatro ha un odore tutto suo, non lo so descrivere, sa di arte e di fatica, di magia che si compirà tra poco, non appena si aprirà il sipario.
Il momento più bello, quello in cui il cuore batte più forte, è quando sei già pronta sul palco, al buio e vedi il sipario che si apre e all'improvviso..luci accese e.. ecco il pubblico, quanta gente lì a guardarti!! Oh, e c'è anche papà in prima fila, è arrivato in tempo!! E ti carichi di adrenalina e di voglia di comunicare quanto tu sia immensamente felice.

Mi ricordo anche una parte meno piacevole: il disagio per il mio sovrappeso e la crudeltà di alcune bambine nel farmelo notare in ogni momento possibile. Me ne ricordo una in particolare, piccola, fastidiosa e pungente come una zanzara, che non mi dava tregua e io le chiesi per favore di smetterla, che non avevo voglia di litigare sempre, volevo essere lasciata in pace. Già a quei tempi ero per la diplomazia e la pace in terra. Sbagliato, in quei casi avrei dovuto reagire o fottermene. Ma ero piccola e non riuscii a fare nè l'una nè l'altra cosa.
Ti ricordi Malù, mi confidavo anche con te. 
Ti raccontavo di quando ero incredibilmente riuscita a ribattere a una di queste piccole Crudelie che rimase a bocca aperta per lo stupore. 
E della soddisfazione di quando mi veniva affidata una parte "importante" nel saggio nonostante i miei limiti fisici. Di quando, con il cuore spezzato, decisi di scappare e di cercarmi uno sport più adatto alla mia conformazione fisica, avevo tredici anni. Ma non ci riuscii e ricominciai con danza jazz alle superiori fino all'università. Poi qualche altro anno di buio e decisi di ricominciare a danzare cercando uno stile più adatto alla mia età; scelsi danza del ventre e ancora oggi, quando la mia nuova vita da mamma me lo permette, vado a lezione dalla mia meravigliosa insegnante, Hania.

Ricordo la sala immensa del Centro Danza Universale, quanto fui contenta quando entrai nel gruppo delle "grandi" che studiavano in questa meraviglia. Di nuovo l'odore del parquet, della pece, del borotalco, la mia immagine negli specchi che non riflettevano quello che avrei voluto vedere ma, in realtà, ora me ne rendo conto, quella era la vera me, quella che, nonostante non riuscisse a fare una spaccata completa, era spesso messa in prima fila, quella che, a dispetto di un fisico antitetico alla danza, possedeva il cuore di una ballerina. 
Come faccio a dirlo? Se mi chiedessi quali sono stati i momenti più belli della mia vita metterei tra i primi dieci: l'insegnante di classico che, dopo aver visto un'esibizione di danza del ventre, mi ferma e mi dice: "Tu mi piaci proprio tanto" (e considerando lo snobbismo che esiste nei confronti della danza del ventre mi sono sentita davvero onorata!); la mia insegnante di jazz che, dopo una prova disastrosa, esclama: " Grazie Serena perchè tu balli sul serio e lo trasmetti". 
Minuscole soddisfazioni, me ne rendo conto, che però mi hanno fatto sorridere come un'ebete molto di più di quando mi laureai con lode. E anche a questo avrei dovuto far caso e ascoltarmi.

Già. Ma a cinque anni avevo la certezza di non poter nemmeno sognare di fare di questa passione qualcosa di più di un hobby, pena una sicura e bruciante delusione. Ecco, credo di essermi sempre fregata da sola con questa maledetta incapacità di sognare, di usare la fantasia, di osare. Forse non potevo diventare una ballerina classica, certo, ma magari ci sarebbero state altre vie, magari avrei potuto semplicemente occuparmi di danza aprendo una scuola, scrivendo per qualche giornale o, che ne so, studiando danza-terapia! Ma no. Non era concepibile per me immaginare qualcosa che fosse così incerto. Dovevo crescere sui libri e studiare legge, il resto era solo inutile fumo.

E ora che tra due giorni compio 32 anni posso dirlo: il fumo ce l'ho sempre avuto nel cervello. Ho sempre vissuto percorrendo binari prestabiliti da una me stessa dispotica e tiranna, "soffocatrice" di sogni e alternative. E ora che sto deragliando, non so davvero che strada percorrere, come cambiare rotta.

Ma tranquilla Malù, la consapevolezza è già un notevole traguardo e ce la farò! 
Intanto, tornando precipitosamente al titolo del post, ecco la canzone "migliora giornata" di questo lungo weekend che si concluderà, appunto, con il mio compleanno. 
In realtà, non è una canzone sola, è una cassetta di Rondò Veneziano che mia zia mi regalò quando iniziai danza nel 1989 e che mi piacque così tanto da consumarla a forza di sentirla. Musica classica con l'aggiunta di ritmi pop e strumenti moderni. Io li adoro, proprio come allora, quando li ascoltavo per allenarmi in cameretta, usando il fasciatoio di Chiara (mia sorella) come sbarra. 

Dal ritrovamento della cassetta è nato questo post nostalgico e ricco di ricordi. Grazie a chi è riuscito a leggere fino alla fine di cotanta lungaggine!

    Colombina
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